ci sono due cose che nessuno ti potrà mai strappare: ciò che sei e ciò che sai.

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mercoledì 1 dicembre 2010

creativita' e amore

Per gli antichi greci gli uomini fondano la ragione per salvarsi dall’indifferenziato, che era antecedente
ed era il luogo degli dei. La ragione era necessaria per convivere, ma non per essere artisti. Folle è lo
scenario antecedente alla ragione, che ci difende da ciò che siamo originariamente, folli.
In effetti, al nostro interno siamo irrazionali, ad esempio quando dialoghiamo con noi stessi, mentre quando siamo insieme agli altri questa parte non la rendiamo pubblica, e ci produciamo razionali.
Abbiamo due dimensioni :singolare (io)  irrazionale; quella plurale (noi) razionali.,ma due follie si esprimono in amore poiche' solo allora non ci si intende in modo razionale, l’amore è potente e folle.
Ancora un esempio: ogni mattina ci svegliamo venendo dai sogni, il luogo dell’indifferenziato. In un
sogno posso essere contemporaneamente grande e piccolo, a casa mia e a New York, …, i sogni
rompono tutte le regole della ragione, sono la follia. E ci vuole tempo per recuperare la razionalità, ecco
perché al mattino compiamo molti rituali, per aiutarci nel passaggio.
La follia non è una cosa in cui si cade, perché da lì veniamo, solo dopo diventiamo capaci di razionalità e
ci restiamo attaccati, e quando non ce la facciamo più là ritorniamo. Anche i vecchi ritornano bambini,cioè folli. Non ha niente a che vedere con un raptus, è una follia sottostante, che è anche il fondo della nostra creativita'.
Giobbe cerca di fare ragionare Dio. È un uomo giusto, ma
gliene capitano di ogni sorta, la moglie lo abbandona, gli amici lo giudicano male e lui certo non lo merita. Ne chiede il perché a Dio, come mai, cerca di farlo ragionare. La risposta è tremenda, dov’eri,
dice Dio, quando io creavo la terra? È come dire, ma che domande mi fai, di cosa ti lamenti, della moglie, dei tuoi amici, con me? Dio non sta nella ragione, anche in questa cultura, lontanissima da
quella greca, dio sta nella follia.
La creatività significa scendere nella follia, e riemergere. Ma la riemersione non è garantita.
Jung, che era psicotico e che per questo era stato un ottimo terapeuta, diceva ai suoi allievi: anche se
vedete dov’è il male, non tutte le porte vanno aperte, perché il paziente potrebbe non riemergere più.
La ragione non crea niente, inventa solo regole. L’artista rischia, sacrifica se stesso e la sua vita, la
parola sacrificio ha una parentela con la parola sacro, legato  a differenziato.
Bisognerebbe avere una certa familiarità con la propria follia, perché da lì nasce il nuovo. C’è un altro
che parla dentro di noi, che andrebbe ascoltato. I poeti sono ascoltatori di un “esso” che parla dentro di
loro. Non è solo la base della nostra creatività, ma anche della nostra specificità, in fin dei conti siamo
tutti uguali nella razionalità, mentre nella irrazionalità siamo davvero diversi.
 Esiste duale (io e te)  di nuovo irrazionale, l’amore è mettere insieme le nostre follie "originali". 
 E poi l’amore,
contaminazione tra due follie, e in queste potersi intendere.

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