ci sono due cose che nessuno ti potrà mai strappare: ciò che sei e ciò che sai.

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lunedì 20 luglio 2015

BORSELLINO era un Magistrato che aveva alcune caratteristiche che lo rendevano “altamente pericoloso” alla sinistra comunista degli anni ’90

Innanzi tutto Borsellino ( come anche il Generale Mario Mori , come il Generale De Donno) sapeva “ ogni cosa” sull’inchiesta denominata “ Mafia e Appalti”, sul dossier dei Ros che svelava i rapporti e le profonde collusioni fra la politica della sinistra comunista e la mafia corleonese , una inchiesta giudiziaria che tanto premeva a Falcone ed a Borsellino e che era, invece, profondamente ed astiosamente avversata, sfacciatamente invisa alla Procura di Palermo, a quella dei Pignatone, dei Giammanco, dei Lo Forte, degli Aliquò, degli Ingroia, dei Scarpinato, tanto che la stessa Procura, in un primo tempo e prima che Falcone e Borsellino venissero trucidati ,“ sabotò”, senza mezzi termini, quell’inchiesta. La “ sabotò” incriminando solo tre o quattro “ pesci piccoli” fra i quaranta e passa politici , imprenditori e mafiosi che il dossier dei Ros dimostrava collusi ai danni dello Stato fra le proteste di Falcone e di Borsellino e con una tecnica sabotatrice assai singolare ed usata solo quella volta in tutto il mondo.
E’ noto che quando si consegna all’indagato l’avviso di inizio della azione penale nei suoi confronti per i reati ad esso ascritti si allegano anche alcuni “ stralci” degli atti di indagine , coperte tutte dal segreto istruttorio,che riguardano strettamente solo ed esclusivamente l’indagato. Invece con la comunicazione del rinvio a giudizio di quei due o tre “ pescetti piccoli”, la “ Procura dei veleni”, cioè quella di Palermo, allegò tutto il dossier dei Ros. In tal modo tutte la mafia e tutti i politici collusi vennero a conoscenza di quello che la Magistratura aveva in mano e si potette così per tempo organizzarsi per fare sparire quello che scottava. Ovviamente con i mezzi mafiosi ben noti a chi vive in Sicilia.
Così, una volta che una “amica mano mafiosa” aveva tolto di mezzo sia Falcone prima che Borsellino poi, ecco che la Procura in fretta e furia provvede a decidere di archiviare in via definitiva quella inchiesta. E lo fa usando un giorno, il 15 agosto 1992, notoriamente dedicato al lavoro nei pubblici uffici: è infatti di quel giorno la decisione del Gip di Palermo che, inappellata ovviamente, mette la pietra tombale sopra quella inchiesta che avrebbe fatto esplodere la politica comunista collusa con la mafia.
Avendo così “ tranquillizzato” e “ rassicurato” sia la “ politica collusa” che la mafia corleonese che nessuno altro avrebbe potuto mettere le mani su quell’inchiesta e che tutto sarebbe stato fatto passare sotto silenzio grazie al controllo della stampa e dell’informazione amica ed asservita, il triunvirato comunista “Violante – Pecchioli – Caselli”, che aveva “ okkupato” ( il Pci non aveva nessuna “maggioranza politica” in Parlamento, ma ottenne tutto quello che chiedeva da una politica intimidita e ricattata) tutte le casematte giudiziarie possibili ed immaginabili ( Violante era addirittura diventato il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia ) , potette perfezionare la strategia di quella complessa operazione di mistificazione storica : inviò a dirigere la Procura di Palermo, il 15 gennaio 1993, proprio Gian Carlo Caselli. Il quale, una volta preso il posto del precedente Presidente Giammanco, sviò ogni attenzione pubblica sul processo ad Andreotti cercando di far dimenticare il sabotaggio della sua Procura dell’inchiesta che tanto stava a cuore a Falcone d a Borsellino.
 http://www.imolaoggi.it/2015/07/19/ennesimo-vilipendio-al-cadavere-di-paolo-borsellino/
di Gaetano Immé


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