Finalmente possiamo mettere un po’ d’ordine. Lasciando fuori le LEI che" durante" analizzano le macchie di muffa sul soffitto e i LUI che pensano d’essere sul set di «Nove settimane e mezzo», il rapporto equo e solidale può essere scientificamente definito: dieci minuti. Il tempo perfetto. Tra sette e tredici restiamo negli intervalli di tolleranza. Sotto i sette dobbiamo cominciare a preoccuparci, sopra i tredici deve cominciare a preoccuparsi il partner. In ogni caso, è finalmente possibile tornare con i piedi sulla terra, sentendoci tutti mediamente più tranquilli. Al diavolo, una volta per tutte, le frustranti invidie verso chi racconta di lunghissime notti indemoniate. E al diavolo pure Sting, che con il suo annuncio della copula tantrica di nove ore ci aveva così sprezzantemente umiliati.
Dieci minuti: il tempo eterno e misurato dell’amore ideale. In dieci minuti si riesce a fare e a dare tutto quello che serve in una coppia equilibrata. Dopo, si esce dalla poesia e si entra direttamente nel campo minato della fatica e della noia.
Sin da ragazzi, studiamo guardinghi la concorrenza, con domande molto alla lontana, per carpire qualche elemento di confronto. Per sapere se siamo in media, o se siamo un po’ conigli, o se siamo un po’ bradipi.
Nell’arco ideale dei dieci minuti i due atleti mantengono una soglia di attenzione altissima. In questa fase, la concentrazione è massima. La coppia pensa solo a quello, lasciando il mondo chiuso fuori, lontanissimo e insignificante. Allo scoccare del decimo, più recupero di 3’, il cervello comincia a chiedere permesso, scusate, c’è dell’altro. Inevitabilmente crolla la concentrazione e arriva la noia. O quanto meno la distrazione. Difficilissimo prolungare gli stessi livelli di prestazione.
Faccio crollare definitivamente il mito della maratona. E soprattutto crolla miseramente questa idea fissa di doversi barricare in camera per giorni e giorni come segno estremo di amore immenso, neanche fosse un Mondiale con quarti, ottavi e semifinali. Per l’amore eterno può bastare l’infinitesimo temporale di uno sguardo. E qui mi fermo perché il discorso porterebbe un po’ lontano.
Come dimenticare la faticosa individuazione del punto G. Come dimenticare le energie profuse dalla scienza per localizzare questa stramaledetta specie di interruttore, che metterebbe in moto le signore come macchine da guerra. Invece, poco o niente sulla dimensione tempo. Con tutto quello che ne consegue: complessi di inferiorità, complessi di superiorità, complessi.......al diavolo!!!
FELICE GIORNATA
vvb francesca
concordo nel senso che il tempo è decisamente relativo: dipende non solo da essere umano ad essere umano, ma anche da momento a momento, dalla situazione che precede ed accompagna il rapporto, per cui a volte si è appagati dopo pochi minuti, altre volte dopo molti di più.
RispondiEliminaMa proprio per questo motivo, cara Francesca, non ha senso stabilire a priori la durata ideale: perché 10 minuti ? A parte che mi sembrano un po' pochini... ma attenzione, mica perché voglio passare per il solito maschio italiano "sborone" che vuole apparire come il solito Mandingo insaziabile e infaticabile ! Mi sembrano pochi perché ho sempre ritenuto fondamentale i preliminari, ma non parlo del più scontato rapporto orale (che invece tendo ad evitare, a meno di non provenire da un periodo di breve astinenza, per il rischio di reazioni precoci) bensì delle carezze, dei massaggi dei bacini...insomma di tutto quello che, come in un assolo che si rispetti, deve far da prologo.
E non parlo di assolo musicale a caso: ho sempre notato una stretta aderenza tra un rapporto sessuale ed un'improvvisazione jazz. Sono un chitarrista dilettante che ama suonare e l'assolo perfetto improvvisato è quello in cui inizi in maniera felpata, gattoni gattoni, accennando le idee (preliminari) per poi passare ad un crescendo di dinamiche, di scale e arpeggi (inizio della penetrazione) sino ad un culmine (orgasmo) per poi chiudere con dolcezza (carezze e baci)
ti piacerebbe un'improvvisazione di pochissimi minuti ? A me no !